giovedì 19 aprile 2018

Stefano Frascoli: atleta è bello disagiato è meglio


Abbiamo oggi ospite del blog Stefano Frascoli, personaggio tra i più eclettici e conosciuti del mondo dell'atletica.
Autore del libro "Correre nel Vento" e di un altro in programma, co-amministratore della pagina Facebook della "Gang degli atleti disagiati", si occupa persino di politica. In tutto questo è riuscito anche a correre gli 800mt in meno di 2'. Ma lasciamo la parola a lui, che riesce descriversi meglio di noi. Ahahah... 😆


PRESENTAZIONE

Ho 28 anni compiuti lo scorso 24 dicembre e appartengo alla categoria Senior
Abito a Binago, un paesino tra Varese e Como a pochi passi dal confine svizzero, di poco meno di 5.000 abitanti. Molti boschi, molte colline, molti percorsi interessanti.

Principalmente sono consulente finanziario nel ramo vita e danni, e capogruppo di una lista civica nel comune di Binago. Oltre a questi due lavori, sono imprenditore online come incaricato presso un'azienda americana, scrittore e molto altro ancora

Sono tesserato per il Cus Insubria di Varese, ma non so per quanto ancora durerà il nostro idillio. Ho a cuore il campo di Malnate, la cui società è succursale del citato Cus Insubria. In quel campo ho mosso i primi passi e da lì non me ne sono più andato. Sono allenato da Alberto Cadonà, persona competente e umana, due qualità per me fondamentali, soprattutto la seconda. Attualmente mi alleno però da solo in fasce orarie variabili, perché i miei impegni di lavoro mi impediscono di rispettare gli orari di allenamento standard del gruppo di Malnate

Ho iniziato a praticare atletica nella primavera del 2009, quando ero alla fine del primo anno di università, perché mi ero innamorato di una ragazza che a quel tempo era anch'ella atleta. Qualsiasi contatto con lei mi era stato impedito da circostanze esterne, perciò decisi di sorprenderla presentandomi al campo in pantaloni da calcio e scarpe da tennis, in un pomeriggio lontano nel tempo, ma di cui ricordo perfettamente tutto. Purtroppo per me, le cose con lei non andarono come speravo, ma se penso al posto che occupa oggi l'atletica nella mia vita, devo dire grazie alla sorte, che ha voluto che io provassi dei sentimenti per lei.



Che bella presentazione! Quindi possiamo dire che il primo contatto con l'atletica è stato bello ma anche non felice allo stesso tempo.
Superato questo momento, cosa ha fatto nascere in te l’amore verso l’atletica leggera? Cosa ti piace in particolare di questo sport e se c’è, invece, qualcosa che non sopporti. 

Non è stato felicissimo per un altro motivo: perché prima di correre non conducevo una vita da francescano e molto spesso esageravo nelle bravate o nella degustazione di  ''bevande ottenute dalla fermentazione di mosto a base di malto d'orzo''. Ammetto che è stato difficile abituare il mio corpo a smaltire le tossine accumulate, ma mi rendevo conto ogni sera che, al termine di ogni allenamento, mi sentivo leggero e appagato per aver dato quello che c'era da dare.

Successivamente la cosa che mi ha dato più dipendenza è stata la voglia di migliorare, perché ero affascinato dal fatto che le mie prestazioni si potenziassero di mese in mese, perché associavo il miglioramento cronometrico ad un miglioramento del mio corpo e del mio benessere fisico.
Era intrigante sperimentare sensazioni che in altri sport mi erano state negate: ad esempio, la fatica lattacida e la consapevolezza crudele che la gara su pista, diabolicamente scandita in minuti, secondi e decimi, ti mette di fronte al tuo puro valore e ai tuoi angosciosi limiti; ma anche la liberazione di correre l'ultimo rettilineo dell'ultimo 200m dopo averne corsi altri 9; ma anche  il senso di distruzione dei postumi di un lavoro aerobico e la conseguente rigenerazione del corpo e della mente una volta in doccia oppure sulla panchina ad abbeverarmi di maltodestrine dalla borraccia, integratore di cui vado matto.

Io dell'atletica amo questo: la sfida contro sé stessi e la dimostrazione di raggiungere un traguardo in modo meritocratico. Sono dell'idea che la predisposizione conti moltissimo, ma penso anche che chiunque possa migliorare tanto se decide di correre seriamente.

Oggi  come oggi certe gare su strada si vincono correndo a 3'30 su 5km. Non è affatto un ritmo impossibile. A mio avviso chiunque può raggiungerlo, prima o poi. Così come ci sono molte cose che amo, ugualmente ci sono tante cose che non sopporto.
In questo ultimo periodo atletico, parlando con molte persone, mi accorgo che manca una cultura di base verso gli allenamenti. In Italia abbiamo avuto un certo signor Arcelli che scrisse i famosi ''diari'' su cui annotava la metodica di allenamento del mezzofondista. I suoi libri sono stati tradotti persino in Messico e Giappone, ma oggi in Italia nessun ''amministratore'' sembra considerarli.
Qualcuno addirittura bestemmia che Arcelli sia stato superato. Ma come si fa a ritenere superato un metodo che non è mai stato messo in pratica?


Immagino che la tua distanza preferita siano gli 800m a cui hai persino dedicato un libro ("correre nel vento" n.d.r.), potresti descriverci in breve le sensazioni? 

Questa domanda è molto ampia e, sempre in tema di libri, potrei scriverne un altro solo per risponderti in modo completo.

Dunque, cercando di limitare la mia risposta ad alcune indicazioni di massima, gli 800 sono stati finora la mia gara, nel senso che dal 2009 il mio allenatore, vedendomi abbastanza robusto e poco resistente (nel futuro però l'evoluzione del mio fisico ha dimostrato esattamente l'opposto) mi aveva fatto esordire sugli 800 metri. Dopo tale esordio a Somma Lombardo (VA) correndo un 2'31'' che è stato fatto in modo incosciente ma che mi sembrava un tempo pazzesco perché arrivai secondo in batteria (l'ultima ovviamente), organizzai addirittura una mega festa con i miei amici in una casa in cima a un bosco, talmente ero felice.

Successivamente ho però capito che l'800 è una gara durissima, in cui per fare il record bisogna interpretarla alla perfezione. Ogni singolo passaggio ad ogni 100 metri non deve essere né troppo forte né troppo lento, ma soprattutto ho capito che negli 800 vince sempre chi arriva all'ultimo rettilineo meno acidificato.

Si tratta però di una gara affascinante perché per prepararla serve una preparazione completa, in cui si mettono in gioco tanti chilometri invernali, molta tecnica, moltissimi lattacidi e tantissime gare per scaldare il motore prima di imbeccare quella giusta. Per me è una distanza poetica, perché la forma fisica perfetta per correre gli 800 ha un picco che può durare anche solo una settimana, si tratta di qualcosa di fugace, proprio come la bellezza.
Ad un amatore che ha come obiettivo una 10km consiglio vivamente di provare un 800, perché regala maggiore velocità al corpo. Ma anche per divertirsi, ovviamente.


Che consigli daresti a chi vuole avvicinarsi all'atletica e alla tua specialità in particolare?

A chi vuole avvicinarsi agli 800 dico alcune cose: a) se sei un giovane studente, metticela tutta, non ascoltare gli amici che ti prendono in giro quando non esci la sera, e dai tutto quello che hai nei lavori aerobici, di potenza lattacida o di potenziamento in salita. 

Il tempo non torna indietro, e durante gli anni degli studi hai il privilegio di essere ancora tu a scegliere gli orari in cui allenarti. Andando avanti infatti, quando si entra nel mondo del lavoro, saranno i tuoi capi a decidere per te cosa fare durante la tua giornata, ed è proprio per questo che alle gare su pista chi corre gli 800 sopra i 25 anni è sempre più raro. B) se sei un lavoratore e arrivi a casa distrutto allenandoti in pausa pranza, consiglio (ma ripeto, è un consiglio) di correre gli 800 per avere una base di velocità in vista di distanze più lunghe. Ma nulla vieta di iscriversi ai cds e buttarsi nella mischia in mezzo a ragazzi sbarbati. 
In fin dei conti, se una cosa piace, perché non farla?


A questo proposito, probabilmente l’Italia è un Paese poco sport friendly. Nel senso che in qualsiasi ambito, la pratica sportiva non viene vista come elemento essenziale per lo svipullo dell’individuo: questo si riflette nell’estrema difficoltà nel conciliare lo studio e il lavoro con la pratica sportiva. Sei d’accordo su questo? Hai delle idee su come invece possa rendersi più facile questo binomio? 

In Italia manca una cultura dello sport. 
Questa frase andrebbe scritta su tutti i giornali. Io invidio moltissimo il sistema dei college USA, dove per andare avanti serve anche eccellere negli sport oltre a essere bravi a studiare a memoria come pappagalli. 

Oggi purtroppo la nostra mentalità italiana ci impone di lavorare tutta la vita, cioè fare la stessa cosa, tutta la vita, sempre. E poi andare in pensione a 69 anni (io faccio pensioni integrative, ndr). Dal canto mio, adesso sono fortunato perché amo il mio lavoro, porto un servizio utile agli altri e riesco ad allenarmi bene. Sarà che il lavoro mi piace, o forse sono cocciuto e testardo io. Ad esempio, non mi faccio problemi a correre a orari assurdi, come quando ho fatto un'ora e 10 minuti di lento a 4' al mille alle ore 23.00 di notte a novembre... per giunta con un amico!!). E non dico una sciocchezza se affermo che molti atleti si allenano esattamente come me. Molti altri però mollano, come successo a molti miei amici serrati nella gabbia del lavoro, e mi dispiace tanto. E non è giusto.

Anche io in passato, nel 2014/15, quando facevo un altro lavoro totalmente diverso, che non mi piaceva, ho sofferto molto per il fatto di non riuscire ad allenarmi bene e arrivare stanco a casa tutti i giorni (ero pure nella squadra dei CDS nazionali, e quella squadra puntava su di me... ed erano gli anni della mia sfida senza esclusione di colpi per scendere sotto i 2 minuti negli 800m, ma questa è un'altra storia).

Che dire, tornado al discorso? Oggi in Italia siamo alla frutta, ragazzi, se ci illudiamo di lavorare e allenarci bene, rilassati e riposati. Togliamocelo dalla testa. L'unica soluzione (a parte essere atleti militari, e ce la fa uno su centomila) è essere convinti e testardi, ma quello è un dono che hai o non hai, come il talento. Oppure avere fortuna (es, lavorare vicino a una pista, avere una doccia in ufficio, lavorare vicino a casa). Per fortuna qualche imprenditore illuminato sta prendendo in considerazione l'attività sportiva, ma sono casi isolati.

A dire il vero ci sarebbe UNA soluzione, e sono le idee.
Siamo in un'era illuminata, lo so, non si direbbe guardando certa spazzatura sul web e in tv, eppure, mai come oggi, chiunque, se azzecca l'idea giusta, campa di rendita. Ci sono molte opportunità per uscire dal mondo del lavoro tradizionale ed essere liberi. Non starò qui a elencare tutto nel dettaglio (ma sono sempre disponibile per due chiacchiere in privato), ma nel mio cellulare ho il numero di telefono di persone che oggi vivono con un sacco di soldi e zero preoccupazioni: costoro non lavorano più perché si sono create una rendita grazie alle cosiddette 'nuove economie'. Cosa c'entra in chiave atletica? C'entra eccome perché questo è l'unico modo per praticare atletica seriamente, perché dà il tesoro più prezioso: il tempo libero.

Per il resto sono pessimista sul fatto che in futuro gli atleti (tutti, dal primo all'ultimo) siano trattati in modo privilegiato rispetto agli altri lavoratori. Per me è un peccato, perché l'ateltica è portatrice di benessere e salute, che è un diritto ancor più prezioso del lavoro.


Riconducendo il discorso a una prospettiva più generale, cosa ne pensi degli ultimi risultati degli italiani alle manifestazioni internazionali? 

Gli ultimi risultati degli italiani alle competizioni internazionali sono stati preoccupanti. Non tanto perché abbiamo una squadra senior che ha vinto solamente due medaglie in due rassegne (Palmisano e Trost), ma perché sull'altra linea del fronte abbiamo dei giovani che sono mostruosamente forti (Tortu, Crippa, Aceti, Chiappinelli, Folorunso, ecc) ma che, se lanciamo uno sguardo al passato, corrono il rischio di non migliorare più. 
Un conto se anche la squadra under23 fosse scarsa... e invece l'assurdo è che solo in Italia i nostri atleti vanno forte da ''giovani'' e si perdono da Seniores. Un paradosso inquietante, una cosa mai vista altrove. 

Dalla mia esperienza posso dire che le cause del tracollo siano: 
a) i numeri: in Italia poca gente fa atletica. Nel mio paese di 5000 abitanti conosco tutte le generazioni dal 1984 al 1998, e su tutti solo io ho fatto atletica (e mi sono fermato ai campionati nazionali di società), quindi meno gente corre, meno speranza abbiamo di vedere  un campione. 

b) la motivazione: mi metto nei panni di una giovane promessa, in altre parole facciamo finta che io sia l'uno su 100.000 ragazzi che sogna di fare l'atleta per il discorso di numeri anzidetto. Ebbene, ma chi me lo fa fare? Dovrei sacrificare la mia giovinezza per uno sport che mi fa vivere alla soglia della povertà e mi obbliga a entrare in un corpo militare. In altre parole: se voglio fare il calciatore posso farlo e vivo di rendita. Invece se voglio fare l'atletica e poi, quando smetterò di correre, dedicarmi, poniamo caso, alla pittura o ad aprire una gelateria, non posso, perché la corsa non mi ha finanziato, anzi mi ha costretto a diventare militare e lavorare dopo il congedo dall'agonismo.
Alternative: stare in mezzo a una strada. Ci rendiamo conto o no che qualcosa non funziona?

E quindi,
c) la mala amministrazione dei talenti. Io non sopporto chi dice che l'Italia va male perché i giovani non hanno voglia di far fatica: ma come si fa a imputare a un atleta che si allena 2 volte al giorno di non aver voglia di far fatica? La causa degli scarsi risultati è l'assenza di atleti, e la causa dell'assenza di atleti è la mancanza totale di un futuro certo in capo a chi decide di fare atletica. In poche parole, la colpa è dei vertici amministrativi.


Ci può essere ancora speranza per gli europei di competere ad alto livello? Rispettivamente, con americani/jamaicani nella velocità e con gli africani nel mezzofondo e fondo? C’è chi sostiene che ci siano differenze genetiche incolmabili. Cosa ne pensi?

Per gli europei ci sono molte speranze di competere ad alto livello, ma anche alcune realtà affermate. I recenti mondiali di Londra e di Birmingham lo hanno dimostrato, perché molti ''bianchi'' hanno battuto diversi africani.

In maratona adesso c'è un netto predominio africano, ma lentamente gli europei stanno studiando lo stile di vita e la mentalità africana, per cui sono propenso a pensare che nei prossimi anni il livello generale della maratona ''bianca'' si alzerà, e di molto. Io direi anche di stare attenti al Giappone, che in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020 sta mettendo su uno squadrone. 

Per quanto riguarda le differenze genetiche, c'è molta disinformazione. Se si pensa che il dna di un bianco sia diverso da quello di un nero, smetto all'istante la conversazione con il mio interlocutore e lo accuso di ignoranza e razzismo. Se invece si parla di differenze di adattamento o di conformazione fisica, sono in parte d'accordo, ma dubito che un nero sia più forte di un bianco a priori.
Anche in Kenya ci sono i tapascioni da 6' al mille. Il fatto è che in Kenya quasi tutti corrono seriamente, un po' come le scuole calcio in Italia, che sono diffuse in modo capillare sul territorio. Difatti l'Italia ha vinto 4 mondiali, il Kenya zero, ma non ho mai sentito nessuno affermare che l'italiano è geneticamente più forte nel calcio. 

In altre parole, è errato il pensiero che il keniano si sveglia, si alza dal letto, fa due allenamenti e poi fa 26' sui 10.000. La questione è un puro discorso di numeri: se tutti si allenano seriamente, è statistico trovare il super campione.
La teoria dell'adattamento a vivere in altura non la ritengo neppure credibile perché, se così fosse, qualunque ragazzo vissuto a Sestriere, quando scende in piano dovrebbe fare 26' sui 10.000, e invece no.

Qualcuno sostiene addirittura che i keniani vadano forte per il polpaccio da uccellino. Mi viene da ridere, perché qualcuno pensa che sia più importante questo famigerato polpaccio da uccellino per andare forte, e non invece i 270 km settimanali, le corse all'alba, i sacrifici quotidiani, la fame di vincere e la voglia di uscire dalla povertà.
A proposito, lo svizzero Julien Wanders, 22 anni, ha appena fatto il record europeo Under23 nella mezza maratona: 1h00'09''. Perché nessuno studia la sua genetica, dato che non è africano ma proviene dal paese dei formaggi e degli orologi? Basterebbe vedere la sua corsa agile per affermare che la teoria della superiorità fisica dei neri sia una panzana colossale.


Sono pienamente d'accordo con te. Ci sarebbe pure da fare una riflessione approfondita sulle metodologie d'allenamento utilizzate in Europa e in Italia nello specifico. 
Per quanto riguarda te, invece, noto che sei molto attivo sui social, Facebook in particolare. 
Ci parli di com'è nata l'idea dell'ormai mitica pagina de "La gang degli atleti disagiati"?

L'idea che sta alla base di quella che col tempo sarebbe divenuta la celeberrima ''Gang degli atleti disagiati" non venne a me, ma a un atleta della Versilia sul finire dell'estate 2015. L'intenzione di questa persona era quella di creare una pagina fan satirica e ironica dove ogni amante dell'atletica trovasse materiale in cui rispecchiarsi, ridere ma anche riflettere. 
L'idea si rivelò azzeccata e vincente, perché la pagina fan ha avuto fin da subito un'impennata. 

Pertanto, in un secondo momento, il fondatore decise di cercare collaboratori oltre al suo compagno di allenamenti, cosicché con una ''magia'' sono entrato anche io a far parte dello staff. 
Premetto che prima di allora non avevo mai visto i miei futuri 'soci'.


Ed in breve è diventata una delle pagine network più seguite d'Italia. 
I tuoi progetti per il futuro invece? 

I miei progetti atletici sono vastissimi e abbracciano varie aree del nostro sport. Adesso come adesso, il traguardo più imminente che voglio raggiungere è la pubblicazione del mio nuovo libro sull'atletica. Dopo l'ottimo successo riscontrato dal mio precedente libro ''Correre nel vento - racconti di atletica leggera'', ho infatti deciso di dare alla luce un'altra opera. 

Ricordo che ''Correre nel vento'' è un libro di racconti in cui l'atleta può immedesimarsi, mentre invece questa nuova opera che tra poco vedrà la luce sarà molto, ma molto diversa. Già solo il titolo dovrebbe far immaginare al lettore che cosa lo aspetta, ma ovviamente non anticipo nulla qui in questa intervista (anche perché prima sarebbe meglio leggere ''Correre nel vento''). 

Parlando invece dei miei progetti nel lungo periodo, la cosa che desidero maggiormente è allenarmi il meglio possibile, continuando a fare carriera nei miei vari lavori e progetti. Non voglio essere un atleta che si allena stressato e che torna al lavoro carico di pensieri, ma voglio essere un atleta realizzato. Il massimo risultato con il minimo sforzo. Tanti dicono sia utopia, ma sono fiducioso nei progetti che sto intraprendendo in futuro mi daranno più lavoro e più tempo libero (se qualcuno non ci credesse, è libero di fare due parole con me).
Ho anche un altro sogno atletico, ma per ora non anticipo nulla, e non è legato né ai libri né alla Gang... 


"Correre nel Vento” libro di cui abbiamo una copia firmata.
Per finire, spazio a te a ruota libera. Se vuoi dire qualcosa in particolare è il momento giusto. 

Ho già detto abbastanza. Mi riservo però come ultimo il mio messaggio più forte: se ne avete occasione, leggete i libri degli antichi. In essi si parla della definizione di vera atletica. 
Ringrazio Alberto per quest'intervista, per me è stato un piacere.




10 commenti:

  1. Bel personaggio che ho nel mio Facebook.... all'intervista ritorno che è troppo lunga!

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  2. chi mi conosce sa come la penso. invitato a scriverlo qui, riporto quanto scritto nel nostro Forum:

    "quanto agli insuccessi della nostra atletica elite, manco a me convince, come spesso accade vuole deresponsabilizzare tecnici e atleti... ovvero "sempre colpa degli altri".
    i problemi che elenca ce li hanno anche in francia e uk. e manco è vero che poca gente fa atletica. negli anni 70 faceva atletica 1/4 della gente di oggi.
    vabbè, ne abbiamo parlato decine di volte..."

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    1. Fatto sta che in Francia e Uk, e ci metterei anche Spagna, USA e Germania, gli stessi problemi riescono in qualche maniera a risolverli, mentre qui da noi no.
      Non darei ai tecnici e agli atleti più colpe di quelle che hanno. Cioè limiterei il raggio ad alcune metodologie di allenamento che andrebbero aggiornate secondo quanto avviene all'estero, quantomeno nel mondo occidentale.

      Poi, è vero c'è anche una certa cultura da cambiare. Ti ricordo quello che mi è successo qualche settimana fa. Ecco, non penso che nei Paesi di sopra, un custode del campo prende e chiude con mezz'ora di anticipo sbattendo fuori gli atleti. E sto parlando di una città grossa, non di un paesino di provincia.

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  3. non credo sia solo una questione "amministrativa", anche se son pochi, ma a certi livelli ci arrivano, oltre a fare qualche "fiammata" nei risultati. Però poi spariscono o peggiorano. Se si peggiora qualcosa che non va negli allenamenti ci deve essere, altrimenti non mi spiego come un "dilettante" che NON si allena in altura come Kawauchi faccia 2h08' in maratona.
    Zedemel

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    1. Esatto Zed, limiterei a qui le "colpe" dei tecnici e degli atleti.

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  4. DISAGIATI!!!!
    Una virgola nel titolo non guasterebbe.
    Disagiati come questo "sport"

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  5. Sapevo di aver sbagliato qualcosa durante la creazione del mondo.
    Solo ora mi accorgo di cosa ho sbagliato...
    Ho dato la mia vita per uno scopo più alto, non per creare questo inutile sport che chiamate atletica.

    Ho deciso, Lunedì farò diluviare il cielo sulla vostra città

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    1. Salve Gesù! Quale onore riceverla sul nostro blog! 😲

      Ps: chi si cela dietro questo nome?

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    2. Tua sorella!!
      Convinto del fatto che non hai sorelle, qualora dovessi avere sorelle non preoccuparti, non è un insulto perchè io vedo qualsiasi cosa, compreso il fatto che tu non faccia parte della tua famiglia.
      Vedo che nel tuo cerchio astrale è presente un adozione.
      Conclusione?
      Sono passato per sbaglio nel vostro blog, di finto giornalismo, fate delle interviste che non raggiungono uno scopo. L'unico scopo che ha raggiunto è quello di chiedermi perchè le persone che io amo, che io creo, che io voglio proteggere per uno scopo più grande, si rovinano la vita con sport estremi (non è questo il caso, poichè questo passatempo c'era anche ai miei tempi e non era uno sport) con bevande dannate alcooliche, con droghe, con stupidi eccessi.
      Poi vedo persone, un gruppo unito, un gruppo che vuole "correre" per appagare le proprie delusioni della vita che si definiscono DISAGIATI.
      In questo sito ho visto anche belle creature femminili che nascondono il loro sesso, definendosi uomini e anche creature maschili che si vestono da donne.

      È ora di finirla!!!

      Non vuol dire che se sono morto da 1985 anni voi potete fare e decidere quello che volete comprendendo il vostro sesso naturale.

      BASTA CON QUESTE COSE, BASTA CON QUESTE PSEUDO INTERVISTE!

      ANDATE,TROVATEVI UNA RAGAZZA/O E RIPRODUCETEVI

      RENDETE GRAZIE A ME

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    3. Non capisco perché usare il nome di Cristo per questi commenti... ma, restando al gioco, visto che non è l'atletica, qual è lo sport per eccellenza, probabilmente da Lei creato?
      Grazie

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